Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

martedì 27 dicembre 2016

Un trekking con la carta del granduca Leopoldo I di Lorena

Una via antica lungo la valle del torrente di Scheta di Voltalto
ricerca di Claudio Mercatali



Il marrone, l'edera, 
il fungo, il muschio




Giovanni Antonio Caciotti, il 14 agosto 1822 forse con un certo sollievo terminò i rilievi topografici della remota vallata di Albero e consegnò al geometra di prima classe Giuseppe Faldi la pergamena con il suo lavoro. Chi erano costoro?
Erano due geometri incaricati dal Granduca Leopoldo I di Lorena di cartografare il Comune di Marradi, per fare un moderno catasto dei terreni. Il Granduca non faceva questo per amore del sapere ma per avere un estimo esatto dei poderi e della loro estensione in modo da applicare delle tasse eque, che è uno scopo nobile e giusto.

 


 
Detto questo il gioco è chiaro:

Facciamo finta che oggi sia il 27 dicembre 1822 e usiamo le nuovissime carte del geometra Caciotti per andare dal Passo dell' Eremo al podere Montemaggiore, nell' alta valle del torrente di Scheta di Voltalto e poi da qui a Trebbo, lungo la strada di Val della Meda.
La via è segnata bene nel catasto Leopoldino:

Si parte dal podere Case Nuove dell' Eremo e si scende verso il podere Val del Marchese. Dopo la casa poderale la via non è difficile e serpeggia per le macchie fino al fosso. Si potrebbe abbreviare scendendo a capofitto, ma che motivo c'è?
 

Val del marchese


Se gli abitanti di questi siti 200 anni orsono e anche molto prima giravano attorno, come indica la mappa, un motivo ci sarà e quindi conviene fare così.
Andando avanti il motivo di tanto girovagare diventa chiaro: il percorso più diretto costringe a scendere nella ripida valletta dell' Ermetto e conviene ai cacciatori di cinghiale e a pochi altri.
  
 



Ora che sono in fondo seguo il torrente di Scheta di Voltalto, come del resto dice anche la mappa e dopo un chilometro imbocco la strada per Fontaneta.
 
Questo è uno degli ecosistemi più integri del comune di Marradi. La valletta per molti chilometri è disabitata e non c'è nessuna attività, nemmeno agricola.
Il silenzio è completo, mi accompagna solo il rumore dell' acqua. Il torrente si ingrossa rapidamente, alimentato da tante sorgenti.
  
 
Questa è Fontaneta, abbandonata negli anni Cinquanta.
I suoi muri sbilenchi vennero sistemati alla meglio nel 1939, l'anno della grande pioggia, perché le sorgenti sopra alla casa si attivarono più del solito e il terreno rammollito cedette.
Qualche anno fa era dimora di Tagliabue, un personaggio fuori da tutte le misure ma ben accetto dai marradesi. Nerino di Campigno, proprietario del podere accanto, un giorno trovò i recinti dei pascoli tagliati e lui gli spiegò che il filo spinato gli toglieva il respiro.

Fontaneta


Di qui si può andare alla Grotta del Romito, dove si dice che nel medioevo vivesse un monaco solitario. Secondo la leggenda la grotta sarebbe una meteorite incastrata nel terreno, ma in realtà è una concrezione calcarea formata dal deposito dell' acqua di sorgente che sgorga abbondante. Non è difficile incontrare qualcuno che è venuto fin qui per prendere una bottiglietta di quest' acqua curativa, per chi ci crede, di tanti mali.


 Ora la via è piana e porta al podere La Serra, una casa distrutta, che devo sfiorare per passare al campo soprastante. La carta del geometra Caciotti indica infatti che la via sale fino al crinale. Una volta lassù devo scendere imboccando un sentiero non facile da trovare, se uno passa di qui per la prima volta.

La Serra




 
Il punto giusto è proprio sopra al podere di Guiàtola, dove si vede questo bel panorama.



 Clicca sulle immagini
se le vuoi ingrandire



 
  



Ecco Guiàttola, laggiù in basso. Gli anziani raccontano che don Mengone, parroco di Albero, passava da questo podere per andare a Val della Meda a dire messa. Un giorno, cullato dal mulo che saliva lento si abbioccò, il sigaro gli cadde dalla bocca e si incastrò fra la sella e il dorso dell'animale. Il mulo scottato passò di corsa dall'aia, con il prete a gambe all'aria che urlava ... e giévle ... e giévle  (il Diavolo ... il Diavolo).

 



Siamo a un punto cruciale: se si imbocca il sentiero le cose vanno lisce, altrimenti si complicano maledettamente. Se la via è giusta si scende in modo accettabile fino al fosso di Val della Meda, dal quale si va al podere Trebbo dove, finalmente, si incontra l'asfalto.
Ebbene si, il disprezzato e inquinante manto d'asfalto in questi casi è di conforto e si accetta volentieri al posto delle malagevoli mulattiere del catasto leopoldino.
 
Trebbo visto dalla strada di Guiatola



L'anello del trekking visto con Google maps. Se siete a piedi vi toccano 2 km di strada asfaltata per tornare in cima al Passo, dove avete lasciato l'auto. Però all'andata potreste lasciare una bici a Trebbo e fare un po' di biathlon …

 

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