Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 22 aprile 2016

Un trekking a Casaglia


Quattro passi nella piccola
“terra nova” fondata dai fiorentini
ricerca di Claudio Mercatali



Casaglia, un tempo Pietrasanta, è antica.
Lo storico Emanuele Repetti (1833) dice:

… A questo Villaggio e non al Casaglia di Calenzano, nè della Futa fu dato il nomignolo di Pietrasanta molto prima del 1288. II fonte di Pietrasanta, ora detto rio di Casaglia, uno dei più alti tributarj del fiume Lamone, è rammentato sino dall'anno 1160 in un diploma del 12 ottobre concesso da Federigo I alla badia di Crespino, cui confermò in feudo un esteso territorio esentando quei Vallombrosani dalla giurisdizione de' Fiorentini, de' Conti Guidi e degli Ubaldini, coll' assegnarle i limiti dal fonte di Viliano sino alla fonte di Pietrasanta...






Dopo di che nel 1284 Firenze acquistò Casaglia dai monaci vallombrosani e “lottizzò” i terreni perché si insediassero 50 fiorentini (un gruppo, una "massa" come si diceva allora). Lo sappiamo dagli storici Scipione Ammirato e Giovanni Villani che ci dicono:

Codesta Massa, fu acquistata il 3 agosto del 1284 per ordine della Repubblica fiorentina dai Monaci Vallombrosani di S. Paolo a Razzuolo, per assicurare la strada dai ladroneggi degli Ubaldini; cosicché i Signori commisero, dice l'Ammirato (Stor. fior. Lib. X), a 50 cittadini fiorentini di comprar quei terreni e casolari e fabbricarvi case; formandone così un villaggio…

E’ l’atto di fondazione di una “terra nova”, secondo l’uso dei fiorentini dell’epoca, come per Vicchio, Scarperia e Firenzuola. Però i conti Guidi e gli Ubaldini erano feudatari aggressivi e la fondazione fu contrastata duramente. Sempre da Repetti apprendiamo che:

… la torre che vi fece uno di quei cittadini, Sinibaldo Donati, fu guastata dalle masnade del Conte Simone da Battifolle de' Conti Guidi, nel 1322… dopo la costruzione del castel di Firenzuola fatta per tenere a freno gli Ubaldini del Mugello e i loro sgherri, avvenne che molti fedeli di quei dinasti eransi ritirati nell'Appennino di Casaglia, cosicché quella strada essendosi ridotta pericolosa, la Signoria di Firenze deliberò che si sfrattassero di là quei fuorusciti, e che non vi potessero più stare né comperare in maniera veruna. (Ammirato. Stor. Fior. Lib. X).

Alla fine Firenze si impose. Nel Cinquecento, la Badia di Crespino fu “declassata” a parrocchia, e  Casaglia divenne autonoma. Il limite fra le due parrocchie è il confine fra Marradi e Borgo S.Lorenzo, e corre lungo la cosiddetta Balza dei Frati. Il nome forse era “Balza delle Fratte” “Fratto”, diviso, frazionato (lì vicino c’è un podere che si chiama così).


Come si viveva a Casaglia? Diciamo che, secondo gli “standard” dei secoli passati, chi viveva qui se la passava meglio di chi abitava nei monti attorno. Infatti nel sottosuolo ci sono le argille scagliose, senza arenaria, che formano ampi prati pascolo. Però le argille sono soggette a soliflusso, ossia scivolano lentamente verso il fiume Lamone.
Le argille scagliose hanno un chimismo inadatto al castagno e sono a solame. Perciò a Casaglia non ci sono castagneti.
Gli abitanti di Casaglia avevano i castagneti nel versante di Gattaia, che si può raggiungere con una vecchia strada campestre, che parte dal podere Camera dei bovi. Sono i castagneti che si vedono dal treno quando si passa dalla ex stazione di Fornello. Sono marronete secolari, a bacino, come d’uso per la cultivar del marron buono di Marradi, usato per innestare i castagni selvatici.
Dunque la pratica agricola più tipica del contadino casagliese prevedeva l’allevamento a pascolo libero nel semestre caldo e la raccolta delle castagne a Gattaia in ottobre. Si ricavava poco grano, perché qui siamo a 700 – 800m di quota, troppo in alto per il frumento. Le argille scagliose sono poco fertili e siccitose, impermeabili. I terreni in cui si poteva ottenere qualcosa erano soprattutto quelli in basso, vicino al Lamone. Dal paese un bel sentiero massicciato scende al fiume e anche oggi in fondo ci sono diversi orti. Si chiama vicolo dei Marretti, ossia di quelli che lavoravano con la marra, la zappa, e passa­vano di lì per andare e venire dai campi al paese.

Basta con queste notizie storiche, anche se ce ne sarebbero altre. Ora ci importa un trekking particolare, lungo il tracciato della Vecchia Faentina, una strada che non esiste più. Infatti all'inizio dell' Ottocento il granduca Laopoldo I fece costruire la strada attuale e i suoi ingegneri, per evitare le fangose argille scagliose la progettarono più in alto, dov'è ora e dove ricominciano gli strati della solida arenaria.



La vecchia Faentina si imbocca vicino alla sorgente dell'acqua sulfurea, dove i primi strati d'arenaria sembrano disegnare nella pendice il profilo di un uomo. Qui il tracciato attuale si snoda a stella nei pascoli, invece quello vecchio sale diritto.

  
Un questo punto nella roccia sulla strada sembra che ci sia il profilo di un uomo, curiosamente formato dall'erosione della pendice.



Dopo una ripida salita lungo la vecchia via scavata dall' acqua si sbocca di nuovo nella strada asfaltata, proprio di fronte al cartello che indica il podere Camera dei bovi.








In realtà i bovi non c'entrano e il nome viene da Vitale Giuseppe de Buoi, un predicatore che nel '700 girava per le campagne, e si fermava lì a dormire.





Lo sviluppo attuale della Faentina nei campi di Casaglia, come si vede dal crinale di fronte. La vecchia Faentina non faceva questo percorso a stella ma saliva diritta, all' erta.









Si prende la campestre che va al podere senza scendere alla stalla, come mostrato qui accanto.

   
Il tracciato è ancora riconoscibile, e sale diritto, senza tornanti. La parte topica del trekking comincia nella piccola sella al centro di questa fotografia, in cima alla pietraia qui sotto, che è quanto rimane della vecchia massicciata.




Siamo sicuri di questo? Si, perché i pezzi d'arenaria sono di quattro o cinque tipi diversi e quindi furono portati qui per fare un po' di fondo stradale e cercare un rimedio al fango appiccicoso delle argille fradice.

E poi nelle argille scagliose l'arenaria non c'è, fidatevi del geologo.
Ecco il punto: da qui in poi il dilavamento ha cancellato il tracciato quasi del tutto e i lavori di rimboschimento e l'ENEL hanno modificato lo stato dei luoghi quanto basta per far sorgere i dubbi.









La cosa migliore è tenersi un po' in quota e ... 
un momento, se ve la racconto tutta io che gusto c'è?
Vi lascio la cartina del Catasto granducale del 1833 ... arrangiatevi.





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