Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

domenica 31 gennaio 2016

La famiglia di Vocusia


Una lapide Romana 
a S.Martino in Gattara
Da una ricerca della dr.ssa Francesca Cenerini



Chi era Vocusia Pacata?
E' semplice: lei e Caio Primo Vocusio, erano i genitori di Vocusio Mansueto. Tutti e tre abitavano nella zona che ora si chiama S.Martino in Gattara e vissero ai tempi dell' Impero Romano, una ventina di secoli orsono. Sappiamo di loro da una lapide, che Mansueto fece scolpire per la tomba dei suoi.





La lapide oggi è fissa al muro nella chiesa di quel paesino e il ricordo della gente dice che fu trovata all' inizio del Novecento, spezzata, nei pressi della chiesa. Meno male perché dai due pezzi separati non si leggono i nomi.

La chiesa di S.Martino




La storia ce la racconta per bene l'archeologa Francesca Cenerini, dell' Università di Bologna, che a suo tempo studiò la vicenda ...

Chi erano i Vocusi?
Per l’occhio dell’ archeologa la lapide è chiara:
C(caius) L(libertus) Vocusius e sua moglie erano schiavi liberti, cioè liberati. Per il diritto romano il loro figlio Mansueto, liberto anch’esso, era un libero cittadino.






Secondo la regola generale delle epigrafi, l’ultimo che compare nelle lapidi (Mansueto) è quello che la commissiona e la dedica.
Dunque il figlio fece scolpire la lapide a memoria dei genitori Caio Primo e Vocusia.
La fattura della lapide, la grafica e le modalità dell’ incisione fanno ritenere che sia di Età Augustèa, cioè del periodo in cui visse Cristo.



Clicca sulle immagini
per avere una comoda lettura








Dai ritrovamenti di altri reperti nell’ appennino romagnolo sappiamo che in questo periodo nelle valli della nostra zona furono assegnate tante terre, con l'estensione massima di circa 200 iugeri per famiglia (4 iugeri fanno un ettaro, ossia un quadrato di cento metri di lato).
Era una riforma di Augusto, che voleva inserire nella società romana gli schiavi meritevoli, affrancandoli e assegnando loro delle terre, secondo il motto Vir bonus colendi peritus (l’uomo buono è esperto di cose da coltivare).







Mettendo insieme tutte queste notizie si può supporre che i Vocusi, plebei liberti, ebbero assegnato un podere di 40 - 50 ettari a S.Martino in Gattara.
E' possibile che la forma estesa del loro "cognome" fosse vox usi, ossia socievoli, discorsivi.
Il figlio era soprannominato mansueto, sua madre pacata, e quindi pare che i loro compaesani li considerassero persone calme, con le quali si può discutere e ragionare.
Probabilmente se la passavano bene, altrimenti il figlio non avrebbe avuto i soldi per far scolpire una pietra tombale per i suoi.






 


Fonte: Da un articolo della archeologa
Francesca Cenerini, impaginato da Claudio Mercatali.



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