Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

lunedì 19 gennaio 2015

Ricordi di Vitaliano Mercatali- parte seconda







 

 ricerca di Luisa Calderoni ( seconda parte )
La liberazione e il ritorno a casa

Dopo la liberazione di Marradi, Vitaliano tornò  in paese con la madre e il fratello Mauro. Partendo da Ponte della Valle,  la famiglia raggiunse Monte Rotondo e poi scese verso Marradi passando per San Bruceto dove, nei campi sotto la strada,  c'era una batteria di cannoni. Qui incontrarono  gli indiani  che donarono a tutti cibo e cioccolata e, solo  ai grandi,  le sigarette.



Il paese era nel caos più totale e ovunque, da Villanceto alla Stazione Ferroviaria,  erano parcheggiati mezzi militari. In ogni luogo agibile erano alloggiati i soldati e  il traffico di mezzi militari era così intenso che, per superare il paese, parte di esso era stato deviato sulla linea ferroviaria, e  attraverso la galleria degli Archiroli, raggiungeva direttamente il fondo del paese. 



 I negozi erano stati saccheggiati, la merce sparsa per la strada,e ogni bottega traboccava di vettovaglie che gli alleati distribuivano generosamente alla popolazione....

 
Panchetto del Bar Commercio, già Bar Cantoni, che fu gestito da " Schiaccione", cioè Betti, durante la guerra e anche negli anni successivi. Sopra il panchetto c'è una statuina di bronzo che raffigura Minerva, la dea della Sapienza, che stava sopra la macchina del caffè, che era verticale,


 La famiglia Mercatali  potè rientrare nell’abitazione di Via Talenti, luogo chiamato popolarmente “ Veriolo”, che non aveva subito danni, al contrario di larga parte dell’abitato, che, fuori del centro storico, era andato  completamente distrutto.

Sulla terrazza nel  palazzo di Ottavio Ravagli, in via Tamburini. Vitaliano è il bambino seduto accanto a Elena Barzagli..... Da sinistra Ezio Poggiolini, Adele Vinci, la moglie,  madre di Elena , Emma Montevecchi,  madre di Vitaliano,  (...) Enzo Barzagli e Lello Campana. Sullo sfondo le montagne sopra Coltreciano
  Al primo piano del palazzo dove viveva Vitaliano  c’era il ristorante Mercatali detto "Gigi", la cui figlia Teresita era famosa per la sua bellezza, e che era stato trasformato in  mensa per gli ufficiali inglesi. Un indiano, che era al servizio alla mensa degli ufficiali, sapeva che la madre di Vitaliano aveva contratto il tifo e andava a curarla :  doveva essere una specie di stregone,  perché,con l'uso delle mani,  stringendole la pelle delle mani tra pollice e indice,  premendole le tempie e esprimendo delle strane formule, riuscì a guarirla. 
Per difendere le ragazze del palazzo da eventuali insidie degli indiani, la madre di Vitaliano chiese aiuto  agli ufficiali inglesi. Questi collocarono un segnale rotondo, nero, con degli strani segni,  all’inizio della rampa di scale che andava ai piani superiori. Il cartello avvertiva che la zona indicata era “infetta” e così non ci furono problemi con gli indiani. Questi però avevano una cattiva nomea e si diceva che violentassero le donne. Nel paese si mormorava che   al podere “ La Capanna” un giovane contadino che voleva proteggere le proprie sorelle dagli indiani,  fosse stato accoltellato e ucciso.


La Mariola, Maria Andreani, matrigna di Bertina Gurioli in Gigli,  rientra a Marradi   sul ponte Bailey sul Lamone

 A Marradi, racconta Vitaliano, c’erano diversi  gruppi etnici di indiani tra cui i sich, caratterizzati dal turbante, e i Gurkha, col tipico codino.
I Gurkha erano piccoli di statura ma molto pericolosi . Infatti erano armati di scimitarra  e ad essi erano riservate  operazioni ardite e bliz notturni. Non erano molto numerosi, non socializzavano con i marradesi e risiedevano nell’ex bottega di Gentilini, in cima a Via Razzi.
I sich avevano i capelli lunghi che arrotolavano nel tipico turbante, mentre la barba veniva arrotolata sotto il mento. Freddolosi ma igienisti, andavano a lavarsi nelle fredde acque del Lamone,  perché quello tra il 1944 e il 1945 fu un inverno particolarmente  lungo, freddo  e nevoso.  Si nutrivano con piadine di farina dette ciapati cotte sulle lastre calde e condite con zenzero, Il ristorante " Il Lamone", in Piazza Scalelle, era destinato alla preparazione di una  gran quantità di gnocchi che venivano fritti in grandi caldaie piene d’olio bollente e che gli indiani distribuivano anche ai ragazzini del paese. Furono loro ad introdurre il D.D.T, allora sconosciuto in Italia, che servì a liberare case  e persone dalle pulci e altri fastidiosi insetti.


frammento dell'aereo alleato caduto a Pian delle Fagge
 Gli indiani rimasero a Marradi per circa un anno dopo la liberazione del paese anche per recuperare i corpi dei  loro compagni morti che erano stati collocati in sepolture provvisorie e superficiali.
Per questo triste lavoro fu reclutata anche una squadra di marradesi tra cui Ivano Credari, marito della cugina di Vitaliano, Caglia, padre di Orazio e un certo Italo Montuschi che abitava alla “Torre”. Questa squadra provvedeva anche a prelevare i morti provvisoriamente sepolti  nelle varie zone del fronte.
 Una volta levati dalla terra, i corpi venivano avvolti in una coperta militare e caricati su un camion scoperto per essere trasportati a Faenza. Vitaliano e suo fratello Mauro  avevano bisogno di recarsi là per acquistare materiale per l’officina. Poiché  era molto difficile trovare un mezzo di trasporto, non si facevano scrupolo di salire sul cassone del camion insieme ai morti, ma avevano l’accortezza di stare in piedi sui corpi più vicini alla cabina del camion, con la testa fuori, per non sentire l’odore della  decomposizione.
 I ragazzi, e Vitaliano tra questi, si recavano alle funzioni religiose degli indiani che si erano ricavati un proprio luogo di culto nella Casa Biagi, dopo la chiesa. Qui, tra le numerose candele accese e il fumo dell’incenso,  i ragazzi, dopo essersi tolti le scarpe,  assistevano ai  riti dei sich. Gli indiani erano consapevoli delle loro risatine e dello scarso interesse per il rito ma  quando i ragazzi se ne andavano, venivano comunque ricompensati con cioccolate e caramelle. All’uscita c’era talmente tanto fango nelle vie  che una volta,  l’amico di Vitaliano, Enrico Beppetti, perse una scarpa e non la ritrovò più. Infatti tutto il paese era ricoperto da uno strato  di fango rossiccio alto anche 10 centimetri,   portato dai numerosissimi mezzi militari e dai cingolati che passavano in continuazione. Questi tritavano e rimuovevano  fango, calcinacci e frammenti di coppi,  colorando di rosso la sede  stradale. 







La chiesa arcipretale poi era diventata un ricovero per i muli e gli inglesi, vicino alla pila dell’acqua santa, facevano il fuoco, bruciando tutto ciò che trovavano, compreso i mobili antichi. Per molti anni, finché non è stata rifatta la pavimentazione, è rimasto ben visibile il segno lasciato dal fuoco.

 Al di là  della disperazione per i morti e per le distruzioni,  tra la gente c'era anche tanta voglia di riprendere a vivere: si ballava in ogni luogo, davanti al Forno Sartoni, nel teatro Animosi, nella Villa Ersilia.
E i ragazzi trovavano sempre un'occasione per divertirsi...
Anche il ponte Baily che gli inglesi avevano gettato tra le  due sponde del fiume Lamone in sostituzione dell'antico "Ponte Grande"fatto crollare dai tedeschi in ritirata, poteva diventare un mezzo di divertimento: Vitaliano e gli altri ragazzi infatti scendevano  nel fiume e dallo sbancamento di terra  sbirciavano le gambe delle ragazze che si intravedevano tra le assi del ponte..


Intanto era  iniziato il tempo della ricostruzione e della rinascita. Gli inglesi avevano organizzato delle squadre di lavoro composte da volontari per riparare le strade  liberarandole   dallo spesso strato di fango e dal materiale scartato dai negozianti. Tutto veniva ingoiato dalle botole del voltone di via Fabroni.
 I ragazzi, tra cui  Vitaliano, cercavano di recuperare il salvabile dalle macerie. I mattoni venivano accuratamente puliti per essere venduti a chi doveva ricostruire:  tre mezzi mattoni venivano pagati come un intero. I calcinacci venivano vagliati per  recuperare la sabbia. Si recuperavano tutti i metalli, tubature, ringhiere, rame, bossoli di proiettili e qualche volta, chi era particolarmente fortunato trovava anche dei gioielli in oro.

Anche il ponte di Villanceto della linea ferroviaria Faentina, era stato gravemente danneggiato durante la guerra. L'arcata centrale sulla strada era crollata ed era rimasto su solo il tubo che convoglia l'acqua dell'acquedotto, sostenuto da un ponteggio provvisorio.. Ciò che rimaneva dell'arcata, nell'immediato dopoguerra,  fu smontato per opera di Vitaliano e di Lino Marolli mentre i lavori di rifacimento furono affidati ad una impresa esterna. Successivamente fu ripristinata la linea ferroviaria, prima la  tratta Fognano-Marradi, cui lavorò anche Vitaliano, poi la tratta Marradi- Borgo San Lorenzo.









GIOCHI PERICOLOSI
 Vitaliano è sempre stato un ragazzino vivace e a volte spericolato, come raccontano questi  episodi della sua infanzia.
Dopo l'8 settembre i tedeschi iniziarono a requisire tutte le armi presenti nel paese portandole  nella caserma dei Carabinieri in via Palazzuolo.
Era uscita infatti un'ordinanza severissima,  affissa in  tutto il paese, che avvertiva che chi fosse stato trovato con delle armi sarebbe stato fucilato sul posto. Erano proibiti anche gli assemblamenti e per assemblamento si intendeva un gruppo formato anche da sole tre persone.
 Ma i bambini  si disinteressavano di quella ordinanza, anzi se ne facevano beffe...Un giorno videro un barroccio carico d'armi che, trainato dagli operai del Comune,  risaliva via Razzi. Era diretto alla Casa del Fascio dove dovevano essere scaricate   in una stanza d'angolo sul lato di Villa Ersilia. La finestra della  stanza era munita di sbarre abbastanza larghe attraverso le quali poteva passare un bambino. E così fu: Walter Piccini, figlio di un banchiere proprietario del palazzo oggi di Farolfi in via Fabbroni, riuscì ad entrare e  passò agli altri ragazzi cinque o sei pistole. Ogni pistola recava attaccato nel calcio un cartellino con il nome del proprietario e a Vitaliano toccò quella di Giuseppe Pierantoni, direttore del Credito Romagnolo e proprietario dei " Cancelli" verso Palazzuolo. E così questi spericolati ragazzini giravano per il paese con la pistola in tasca!!! Racconta Vitaliano: " L'ultima Befana Fascista, noi eravamo in teatro, palco numero 6, secondo ordine, con la pistola in tasca..."
La pistola che Vitaliano  nascondeva nel comodino, fu trovata e sequestrata dai suoi genitori. Nascosta tra le travi della soffitta, non fu più ritrovata. 



Manifesto informativo che negli anni '50 era affisso in tutte le scuole, per informare sui rischi che si correvano maneggiando materiale esplosivo
                                          
In un'altra occasione Vitaliano e il cugino Enzo  trovarono un fucile rotto senza spallatura e lo portarono in soffitta, nascondendolo, con alcune cartucce, sotto la brace che serviva per accendere il fuoco domestico. Quando la madre di Vitaliano andò ad accendere il fuoco utilizzando la brace del solaio, una cartuccia esplose e ferì al volto la zia Dina che portò per tutta la vita la cicatrice della ferita riportata.
Un luogo di intensa attività per i ragazzi del paese era il fiume ed era "normale" andare nei pozzi a buttare le bombe  a mano per far venire su i pesci. La polvere da sparo poteva esssere usata anche per caricare le cartucce da caccia o per accendere il fuoco. Molti marradesi si erano trasformati in improvvisati artificieri e questo poteva essere molto pericoloso....
Walter Piccini, di cui abbiamo detto sopra,  aveva un fratello, Vinicio. La famiglia Piccini era sfollata a Corella e i due ragazzi morirono entrambi mentre cercavano di smontare una bomba trovata tornando da scuola. A ricordo degli amici, Vitaliano ha battezzato con il nome Vinicio il suo figlio primogenito.

scheggia di bomba da cannone, scheggia di bomba d'aereo  e  proiettili di fucile mitragliatore, rinvenuti negli sbancamenti.





















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