Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

venerdì 30 maggio 2014

La tomba di Dino Campana

da un racconto di Piero Bargellini
 ricerca di Claudio Mercatali




Piero Bargellini




Nel 1940 erano trascorsi otto anni dalla morte di Dino Campana e si avvicinava il decennale, tempo della rimozione della salma dal cimitero di san Colombano, vicino al manicomio di Castelpulci. Così prevedevano le regole cimiteriali di allora per i defunti non richiesti dalla famiglia. Bisognava provvedere, altrimenti i resti sarebbero andati a finire nell' ossario comune. Piero Bargellini, letterato e futuro sindaco di Firenze, non voleva che accadesse questo e assieme ad altri decise di intervenire per dare al poeta una nuova sepoltura in una cappella vicina alla chiesa.





La prima tomba di Dino Campana e la cappella dove vennero messe 
le spoglie riesumate. Le immagini vengono da una rara pubblicazione 
di Marco Valsecchi (1937).









Donato Bargellini, nipote di Piero, professore di Lettere al Liceo Giotto Ulivi di Borgo S.Lorenzo, racconta che il nonno, per concretizzare la sua idea decise di fare un sopraluogo senza dire niente a nessuno. Assieme a sua moglie andò verso sera al cimitero di S.Colombano per vedere di preciso il posto, ma il prete, sentiti dei rumori, scese e lo sorprese fra le tombe. Mentre cercava di spiegarsi spuntò fuori anche la moglie e il parroco si arrabbiò ... "ma come ... non si può venire qui a fare certe cose ..."


Le cose si chiarirono per bene solo dopo quindici giorni, quando Piero Bargellini tornò alla chiesa con il permesso ufficiale per la riesumazione.
Leggiamo il resoconto di quanto avvenne quel giorno nella rubrica Marginalia, della rivista Poesia, ideata e diretta da Enrico Falqui:







Maggio 1940. Piero Bargellini, Carlo Bo e Luigi Fallacara sono seduti sul prato del cimitero di San Colombano a Settimo. Hanno riesumato le spoglie di Dino Campana, hanno messo le ossa al sole in una cassetta di zinco e aspettano che si asciughino, per deporle nella cappella di San Bernardo ai piedi del campanile della Badia a Settimo.


«Una mattina presto cavammo di sotterra le ossa del poeta. Quando, adagiato tra la terra e i resti imporriti della cassa, apparve lo scheletro, Luigi Fallacara esclamò: “È lui”.
Aveva il teschio inclinato sulla spalla destra secondo il suo atteggiamento naturale, e rideva con tutti i suoi bellissimi denti intatti. Tirammo fuori i nostri fazzoletti e, ginocchioni attorno alla fossa, ripulimmo uno per uno gli ossi terrosi prima di riporli nella cassetta di zinco. Quando fu la volta dei grossi femori, Carlo Bò disse: "Ha camminato tanto".  Poiché gli ossi erano fradici, esponemmo la cassetta al sole, e si attese che l’umidità si esalasse, stando seduti sul prato del camposanto.»







Il 3 marzo 1942, a dieci anni dalla morte del poeta, a Badia a Settimo ci fu la cerimonia della definitiva sepoltura nella cappella di San Bernardo.
C'erano tanti uomini di cultura dell’epoca: Piero Bigongiari, Giuseppe De Robertis, Alfonso Gatto, Mario Luzi, Eugenio Montale, Giovanni Papini e Vasco Pratolini. C'era anche il Ministro della Cultura Giuseppe Bottai.






Ma le vicissitudini della tomba di Campana non finiscono qui. Nell'agosto del 1944 i Tedeschi minarono il campanile di Badia a Settimo, che, crollando, distrusse la cappella dov'era la tomba. Quindi nel dopoguerra i resti vennero di nuovo riesumati e sistemati in una umile tomba, dentro la chiesa, lungo la navata sinistra, dove tuttora si trovano.








La tomba attuale 
di Dino Campana a Badia a Settimo


Fonti: Articolo di Piero Bargellini su «Poesia»
(quaderni III-IV, gennaio 1946).

Per approfondire: Dino Campana da Castel Pulci a Badia a Settimo (CentroLibro, Scandicci 2007) curato da Marco Moretti e Lorenzo Bertolani.







2 commenti:

  1. Bellissimo articolo, e bellissime immagini. Peccato per l'erroneo resoconto del professor Donato Bargellini che, poco informato, situa a San Colombano il celebre aneddoto del sacerdote indignato per la presenza dei due giovani (da lui creduti amoreggianti): ma la scena si svolse nella cappellina vicina alla Badia, come ben ricorda chiunque abbia assistito alle affascinanti conferenze di Piero Bargellini sull'argomento. E Bargellini poté spiegarsi solo quando arrivò con gli operai messi a disposizione per il restauro del piccolo edificio: operazione invocata per anni dal priore che aveva ormai perduto ogni speranza. C'è un errore anche nell'immagine che dovrebbe raffigurare la cappellina: il torrione rappresentato è la Torre del Colombaione.

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  2. Si, le sue precisazioni sono esatte e le registro volentieri. Donato, nipote di Piero Bargellini, mi disse in modo impreciso l'episodio capitato a suo nonno (non è grave) e la torre che si vede nel libricino di Valsecchi del 1937 è quella del Colombaione (distrutta nel 1944). Grazie

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