Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

mercoledì 27 novembre 2013

Le memorie di guerra di Giancarlo Ballerini



Il passaggio per  Marradi 
e l’evacuazione
ricerca di Luisa Calderoni


Marradi 1944
(foto R.Randi)


“Arrivammo a Marradi verso le 18 (dei primi di  settembre 1944) Che squallore! Le case, quelle rimaste, con gli usci sfondati e saccheggiate.

Passando davanti alla farmacia, riconobbi gli sci che mi aveva regalato mio cugino, abbandonati sugli scalini del negozio; la bottega del calzolaio Vigna era stata saccheggiata e le scarpe da bambini erano sparse per la piazza . E poi, dopo il ponte, rovine e soldati tedeschi dappertutto, armati fino ai denti e con certe facce stravolte da metter paura, alcuni, sdraiati in terra sotto gli alberi della stazione, dormivano
profondamente, altri riordinavano il bottino nei mezzi sistemati sul ciglio della strada sapientemente mascherati. Passo passo, arrivammo al camposanto e due soldati tedeschi ci indicarono la casa di Figacciolo dove ci fecero comprendere avremmo dovuto trascorrere la notte prima di riprendere la strada per Medicina. Mentre si discuteva di questo, si udirono dei colpi in lontananza verso l’Appennino e dopo poco il sibilo di alcune granate che esplosero nei campi sotto la strada.


Il fronte era arrivato e questo era il primo saluto degli Inglesi.
I tedeschi fecero immediatamente dietro-front e ci lasciarono soli sulla strada per Camosciano, noi proseguimmo e arrivammo a Figacciolo.
La casa era deserta e ci sistemammo alla meglio per passare la notte: io trovai un letto e, stanco morto mi ci infilai, ma poco dopo dovetti scappare perché brulicava di insetti immondi e a forza di cercare mi sistemai in una stanza piena di grano appena battuto in mezzo al quale mi addormentai profondamente: Ma, dopo qualche ora di sonno, mi destai terrorizzato dagli scoppi delle granate che gli inglesi sparavano tutt’intorno.
Come Dio volle, arrivò il mattino dei primi di settembre, terso e cupo in un silenzio irreale, (…) e riprendemmo la marcia, la mia famiglia e i Ciottoli, mentre altri vollero sostare ancora.
Arrivati a Popolano volevamo prendere la strada per Dogara e poi proseguire per Vonibbio e la valle Acerreta ma un posto di blocco di soldati tedeschi ci voleva impedire l’accesso, indicandoci di proseguire lungo la strada per Faenza.

Il Canovetto, a Vonibbio

La discussione che ne seguì si protrasse per un po’ finché dalla casa uscì un ufficiale che parlava abbastanza bene la nostra lingua, e sentite le nostre ragioni e visto lo stato in cui eravamo, acconsentì a farci passare.
Come Dio volle arrivammo a Vonibbio nel primo pomeriggio mentre la famiglia Ciottoli proseguì subito per Rio Faggeto. Intanto il Fronte si stava avvicinando, a giudicare dai colpi e dai boati che si percepivano in lontananza. (…)




Rio Faggeto

Passarono altri giorni e si arrivò alla fine di settembre. Una mattina,  scendendo dal piano di sopra dove  dormivo, trovai la casa piena  di soldati tedeschi pesantemente armati: il fronte era arrivato e questi soldati del Reggimento Granatieri della 305°  divisione fanteria, si stavano schierando con le trincee sul crinale di Poggio Grilleta e oltre, fino al Monte Cavallara e Monte di Grisigliano.
Dall’altra parte gli indiani dell’8° divisione di fanteria Britannica, erano schierati alle case di Vonibbio e di Dogara, e premevano per sfondare questo schieramento.




Il monumento ai soldati indiani
al cimitero di guerra di Forlì.







Il podere di Sermano



Sermano divenne sede del Comando di Compagnia di uno di questi reparti: c’erano tre cucinieri, due porta feriti comandati dal Caporale di sanità Bernard, un maresciallo furiere di nome, credo,  Gustav Drenseh, il capitano e altri soldati dei servizi.
Cominciarono di nuovo a cadere le granate degli 88/27 inglesi. Noi civili ci eravamo rifugiati in cantina un lato della quale era occupato dal posto telefonico di compagnia dei tedeschi (…) A volte la sera si poteva salire in casa nei momenti di tregua, visto che gli inglesi cannoneggiavano spesso anche la notte per impedire ai tedeschi di spostarsi e trasportare rifornimenti alle linee, col favore delle tenebre.
In queste circostanze i soldati tedeschi insegnarono a noi ragazzi ad aiutarli a ricaricare i nastri di mitragliatrice che erano stati svuotati sparando dalle trincee durante il giorno. Per premio ci regalavano una piccola confezione tonda della loro cioccolata che sembrava fatta con le castagne, ma a noi andava bene lo stesso.




Forlì. Il cimitero di guerra
dei soldati indiani che combatterono
con gli Inglesi



Gli Indiani tentavano in mille modi di sfondare le linee tedesche ma venivano respinti: la 305 Divisione granatieri tedesca era formata in maggior parte da veterani provenienti dal fronte russo e c’era veramente poco da fare contro quei soldati. Una mattina di pioggia e nebbia, dopo una notte di scontri e sparatorie, vidi il caporale Bernard e  i due portaferiti con una barella  scendere verso casa: il graduato stava davanti sventolando una bandiera bianca con la croce rossa. Arrivati nell’aia la deposero e io vidi il primo soldato alleato che mi capitava di vedere: si trattava di un indiano in divisa kaki, piccolo di statura, con baffetti neri, di color olivastro e purtroppo ormai morto, infatti la gamba sinistra, interamente avvolta in fasce intrise di sangue, era mancante del piede.
I tedeschi ordinarono al babbo di seppellirlo cosa che fu fatta immediatamente.
Per quasi tutto ottobre, per noi vita di cantina e per tedeschi e inglesi scontri cruenti, il tutto condito con pioggia e nebbia, e quando non c’era questa, dai nebbiogeni artificiali che gli inglesi seminavano con l’artiglieria nell’imminenza dei loro attacchi. Alle granate sparate dagli inglesi, i tedeschi replicavano con delle batterie situate nella vallata, una  a Cignano ed un’altra vicino a Lutirano. Una di queste fu individuata grazie al famoso “ Pippo”, il piccolo e lento apparecchio alleato da ricognizione che volava quotidianamente, quando il tempo lo permetteva, sulle nostre teste, temutissimo dai tedeschi che, al suo apparire, occultavano tutto pena essere individuati e ricevere entro 5 minuti una scarica di cannonate di una precisione millimetrica.


Un ricognitore inglese tipo "Pippo", nomignolo dato dai marradesi, che lo vedevano girare attorno al paese, apparentemente senza una meta precisa.


E venne il giorno del destino del capitano metodico che alle 9 precise di ogni mattino partiva da Sermano per andare a ispezionare la linea di combattimento. Una mattina il povero capitano fu quasi centrato da una salva di granate di mortaio. Bernard scortò fino a casa la barella con il solito bandierone agitato freneticamente e il ferito fu scaricato nella capanna del fieno. Dopo una sommaria medicazione fu portato alla Badia dove i tedeschi avevano un’ambulanza, ed evacuato.


Il comando della compagnia passò al maresciallo e la vita quotidiana proseguì con le solite vicissitudini finché un giorno anche il povero Gustav, che aveva ereditato le abitudini del suo capitano, fu colpito alla gola dalla pallottola di un cecchino inglese e morì all’istante.
Il suo corpo fu portato a valle e tumulato, insieme alla salma di un altro tedesco, nel campo dietro la chiesa della Badia.


2 commenti:

  1. Buonasera, ho trovato il vostro Blog su Marradi e mi piace molto sopratutto perche' il mio babbo era di Biforco e quando era in vita mi raccontava tante storie della guerra proprio come quel famoso aereo PIPPO ed altro ancora. Anche i miei nonni erano di la' e sarebbe bello postare anche su questo blog magari qualche foto se a voi facesse piacere naturalmente. Conservo anche tante lettere antiche dei miei nonni che parlano della grande guerra.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Salve, qui alla biblioteca abbiamo iniziato una ricerca sui militari della prima guerra mondiale e le lettere dei tuoi nonni forse possono andare bene.
      Scrivici a questo indirizzo: marradibiblioteca.191.it saluti

      Elimina