Lanfranco Raparo, Marradi

Lanfranco Raparo, Marradi

sabato 6 ottobre 2012



Il Cantamaggio e i Maggiaioli di Povlò
di Luisa Calderoni



Cantamaggio deriva da Calendimaggio, parola composta dai termini latini Kalendae e Majo. Il calendario romano, riformato nel 46 a.c da Giulio Cesare, da cui prese il nome, era, come l’attuale, composto di 365 giorni che diventavano 366 negli anni bisestili. Per quanto riguarda la datazione, i giorni erano stabiliti in rapporto a tre date fisse:

Le Kalendae, 1° giorno del mese
Le Nonae, 5° o 7° giorno del mese
Le Ides, 13° o 15° giorno del mese.

La Kalenda indicava quindi il primo giorno del mese, mentre alla dea Maja, la dea della fertilità e della natura, era dedicato il mese di maggio.
Dalla fusione di Kalendae e Maja deriva il termine Calendimaggio, contrattosi poi in Cantamaggio, per indicare una festa pagana che si svolgeva all’inizio del mese.

Già presso gli antichi romani il Calendimaggio indicava sia l’annuncio ( dal latino calare = annunciare) che il Pontefice Massimo dava ad ogni primo del mese, sia le feste da esso connesse, cioè le lunghe processioni nei campi e i riti propiziatori dedicati alle divinità agresti.
Durante il Medioevo e il Rinascimento la festa del Calendimaggio celebrava il ritorno della primavera ed il rifiorire della natura. La festa aveva luogo il primo di maggio ed era molto diffusa soprattutto a Firenze e nel suo contado dove il popolo festante seguiva un gruppo di fanciulli recanti arboscelli fioriti e procedeva poi all’elezione della “ Regina di Maggio”. L’uso più diffuso a Firenze e dintorni era quello di piantare il Majo, cioè di fissare, come negli antichi culti agrari, un ramo frondoso ornato di fiori e nastri variopinti alla porta della donna amata o nella piazza del villaggio. In questo secondo caso intorno al Majo si intrecciavano danze o si tenevano brevi rappresentazioni teatrali chiamate “ Maggi”.




 Nella tradizione cristiana, fino al secolo scorso, tra la fine di aprile e i primi di maggio, erano in uso le rogazioni, cioè processioni religiose, mutuate dalla tradizione pagana, lungo le strade di campagna , quale auspicio per un buon raccolto.

Nel mondo contadino la festa del calendimaggio, così come presso gli antichi romani, annunciava il risveglio della vita dopo i rigori dell’inverno e in un certo senso era il segno della rinascita dell’uomo e del trionfo della forza rigeneratrice della natura, la vittoria della luce del sole dopo i brevi e bui giorni invernali, della magia buona sulle malefiche stregonerie.

Il Cantamaggio, specie a partire dalla fine dell’  '800, quando il 1° maggio diventò il giorno dedicato alla “Festa del lavoro”, assunse anche connotazioni civili e alcuni canti si trasformarono in canti di protesta con chiari inviti all’impegno civile, libertario e pacifista.

Per questo motivo durante il Ventennio fascista fu proibita ogni forma di manifestazione legata alla festa del lavoro e fu vietato il “cantar maggio”.
Un detto popolare della Val Bisenzio a questo proposito  recitava ” Triste l’anno che i maggiaioli non vanno..."

Finita la guerra, grazie all’iniziativa di chi l’aveva sentito da ragazzo e con l’aiuto degli anziani che ricordavano le strofe a memoria, il Cantamaggio è rinato in molte zone con nuovo vigore e grande partecipazione popolare.

                                                                   
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La prima tessera di iscrizione al gruppo 
dei Maggiaioli ricostituito nel 1986.


Il gruppo folkloristico de “ I Maggiaioli di Povlò” ha ripreso una secolare tradizione interrottasi negli anni ’60 riportando in vita questa antica e gioiosa manifestazione.
Il gruppo dei Maggiaioli rinasce nel 1986 a Popolano, frazione di Marradi, per l’iniziativa dei suoi abitanti che trovano nel Signor Egidio Rontini, maggiaiolo fin da ragazzo, il loro capo ideale e che da quel momento sarà il loro " Maestro".
Egidio, originario del podere Poggio Lungo di Gamberaldi racconta che all’età di 17 anni, nell’immediato dopoguerra, iniziò a cantare nel gruppo dei maggiaioli di Gamberaldi, composto da 6-7 uomini “canterini”, da un suonatore di organino e da due bassi.

Il gruppo non aveva un numero fisso di canterini essendo in uso di accogliere, strada facendo, chiunque volesse unirsi ai maggiaioli per celebrare con canti rituali l’arrivo della buona stagione.



 Una delle prime esibizioni del gruppo: si riconoscono alla fisarmonica Tommaso Barretti e Aki Kostis, tra le canterine Carla Cavina, Mara Alpi  Moffa, Adriana Cappelli, Marina Scalini, Fiorenza Pagliai, Alba Tagliaferri, Giovanna Rivola, Lally Cecchierini, e i canterini Alfiero Pagliai, Giancarlo Benerecetti, Claudio Liverani...al centro Caterina Liverani e Anita Previdi
Il Cantamaggio si svolgeva in due serate e cioè nei due primi sabati del mese e venivano visitati i poderi della zona di Gamberaldi, Valnera e San Martino in Gattara. Era un Cantamaggio di questua in quanto le offerte ricevute, dopo la rituale esibizione canora e l’immancabile bevuta finale, erano destinate alla Chiesa per la celebrazione di messe in suffragio per i defunti.

Quando Egidio si trasferì a Marradi, i maggiaioli estesero questa tradizione anche al podere La Torretta, dove egli abitava, e alla vicina Casa Carloni, spingendosi a piedi anche fino a Bulbana e Grisigliano per aggregarsi al locale gruppo di canterini, l’unico altro gruppo di maggiaioli nostrani di cui Egidio avesse notizia.

Secondo la testimonianza della Signora Mara Neri Moffa, sembra che fino agli anni ’60 si spingesse fino a Campigno un gruppo di maggiaioli provenienti dalla Toscana, scollinando per la vecchia strada che veniva da Villore. I canterini portavano cappelli adorni di fiori freschi o di carta colorata e accompagnavano i loro canti con l’organino, non disdegnando di danzare con le ragazze del luogo un ballo popolare denominato “ la lola” di cui si è perso il ricordo.

Il gruppo dei Maggiaioli di Povlò, inizialmente tutto maschile, in seguito si è aperto anche alle donne arrivando a contare una trentina tra canterini e canterine, accompagnati da fisarmoniche, chitarre cembali e armonica a bocca. Si riconosce facilmente per il costume tipico che rievoca quello dei contadini e delle contadinelle, con pagliette infiorate e cappelli a larghe tese, e soprattutto per l’allegria e la voglia di cantare che sa trasmettere a chi lo ascolta.

Bozzetto per la divisa delle "canterine" 
dei Maggiaioli di Povlò




 Alcune delle donne del gruppo. 















Anche se si esibisce tutto l’anno nelle più svariate occasioni, il gruppo inizia la sua attività, secondo la tradizione antica, nella notte del 30 aprile andando di casa in casa e nei pochi poderi ancora abitati, a cantar stornelli e antiche canzoni. Ogni visita è introdotta da due strofe del canto del Cantamaggio, cantate in assolo e senza accompagnamento musicale, dal capo dei maggiaioli. E’ una specie di prologo al canto propiziatorio in cui si chiedono ascolto ed ospitalità al padrone di casa e con cui, in caso di rifiuto, il gruppo si accomiata.

Anticamente, dopo l’intermezzo musicale il gruppo intonava le strofe del “Maggio” che si concludevano con i saluti e i ringraziamenti. Oggi il repertorio dei maggiaioli è più ampio e l’intrattenimento più lungo ma allora come oggi il tutto si conclude sempre con un bicchiere di vino accompagnato da ciambella e dolci della tradizione locale.



Un bozzetto di Lanfranco Raparo 
per i Maggiaioli

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